In un periodo, quello odierno, in cui si stanno perdendo le dimensioni storiche e letterarie della propria cultura, non stupisce che poco si conoscano sia l’imperatore romano Giuliano detto l’Apostata (331/332-363), nipote di Costantino il Grande, sia le leggende a lui riferite. La presente analisi permette di chiarire facilmente al lettore come una tale figura abbia, dalla tarda antichità fino ai nostri giorni, affascinato sempre in modo nuovo poeti e filosofi, nonché un più vasto pubblico. Lo studio, storico e filologico, è concentrato sulla letteratura medievale, in particolare su Rosvita di Gandersheim (fine del X sec.), Eccardo di Aura (inizio del XII sec.), e sulla Kaiserchronik (1135/1150) e Sächsische Weltchronik (1260/1275). Per il Medioevo cristiano, Giuliano, allontanatosi dal cristianesimo anche per l’influsso di Massimo di Efeso, è uno dei malvagi per eccellenza, tanto che si diffonde la fama di un suo patto con il diavolo per ottenere il regno: non a caso, come sottolinea Stefano Conti, egli appare una sorta di “Faust ante litteram”. Giuliano è qui l’esempio negativo di un imperatore che aveva rinnegato il cristianesimo e di conseguenza il papa, suo centro di potere; viene quindi visto nel Medioevo come un monito a non schierarsi contro l’egemonia papale. Giuliano appare come un imperatore che si trova ad una svolta epocale: egli tenta di volgere la ruota della storia a favore dell’Imperium. L’Apostata è così una sorta di precursore del fatale conflitto fra potere ecclesiastico e laico; conflitto che, definitivamente deciso nel XV sec. a favore del papato, ha impedito fino al XIX sec. la formazione di un forte regno in Germania (come anche in Italia).